La Costituzione Sacrosanctum Concilium uscita dal Concilio Vaticano II sul tema della liturgia, al n. 111 proclama: “La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini.
Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare”. Pensiamo alle migliaia di napoletani che ogni anno a maggio, a settembre e a dicembre si riuniscono in preghiera davanti alla reliquia del sangue di San Gennaro. O ai milanesi che si radunano a settembre per il tradizionale Pontificale della Nivola, con l’Arcivescovo che nel duomo di Milano sale fino a 40 metri di altezza con un curioso ascensore a forma di nuvola per prelevare la reliquia del Santo Chiodo di Cristo, la quale viene solennemente esposta e usata per benedire il popolo. Cosa sarebbe del grande santuario di Loreto senza la reliquia della Santa Casa di Nazaret? E del primato del vescovo di Roma sugli altri vescovi senza le reliquie di San Pietro?
Ecco, solo alcune reliquie, grandi e piccole, per capire l’attualità del loro culto, che non è mai stato abolito dalla Chiesa, forse proprio perché ci aiuta ad andare a Gesù in semplicità. Non sono talismani, né oggetti magici. Sono letteralmente “cose che rimangono” e che aiutano noi a rimanere in Cristo, grazie al ricordo dell’esempio dei santi, e grazie alla loro intercessione. La reliquia è usata spesso per benedire invocando l’intercessione del santo, proprio per rafforzare quel legame tra Dio e il santo, tra Dio e noi chiamati alla santità, tra noi e il santo con il suo esempio di vita: Dio benedice, “dice bene” di noi, come il santo in qualche maniera “disse bene” di Dio nella sua vita, e noi siamo chiamati a fare altrettanto, confidando in Dio stesso e nell’aiuto dei santi.
La reliquia richiama immediatamente la dimensione sensoriale della fede. Tutti e cinque i sensi sono coinvolti nell’esperienza di fede, anche il tatto, e su questo i “piccoli” passano avanti ai “dotti e sapienti”. Pensiamo a quella donna del Vangelo che aveva perdite di sangue e che si butta a terra con l’intento di toccar anche solo un lembo del-la veste di Gesù: nella sua miseria e nella sua straordinaria umiltà mostra una fede incrollabile in Gesù Cristo. Giudichiamo la sua fede perché tocca? Non lo ha fatto Gesù Cristo, tanto meno possiamo farlo noi! Anzi, Gesù stesso le fa notare come sia stata proprio la sua stessa fede a guarirla.
La reliquia ci aiuta a tenere sempre a mente quanto la nostra fede sia una questione di “carne”, e che non dobbiamo disprezzare la vita che ci è donata per dedicarci ad una vita ideale. È questa vita che dobbiamo rendere un capolavoro, non quella che vorremmo, ci ricorda san Giovanni Paolo II! La nostra non è una fede nelle nuvole.
La via della santità è percorribile quaggiù, proprio perché altri l’hanno praticata prima di noi; ma non dobbiamo dimenticare che non si percorre da soli, bensì col cuore che batte per Dio, e non solo per se stessi. Infatti, anche nella preghiera che invoca i santi, il destinatario ultimo rimane sempre il Signore. Se ci dimentichiamo di Lui, sfociamo nella superstizione, nell’idolatria. Ricordiamoci che i santi non son tali perché si son fatti da sé, ma perché “si son lasciati fare” dal Signore, non brillano di luce propria ma riflettono quella di Dio.
Anche la reliquia di Sant’Anna che è custodita nel nostro Santuario si inserisce in questa linea. Tuttavia, essendo una figura più lontana nel tempo, forse può esser meno immediato applicare questo meccanismo che parla di più nel caso di santi e beati del nostro tempo, che abbiamo visto, che sono vicini a noi. Senza andar lontano, guardiamo ad esempio i due sacerdoti martiri di Boves (CN) don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo. Ormai le loro reliquie sono in alcuni altari della nostra Diocesi, sono anche arrivate in Germania… a che pro? Per richiamarci che sono vissuti in carne ed ossa, e ciò che hanno fatto (in questo caso vivere da sacerdoti fino al sangue) è successo veramente, non è una storiella! Pensiamoci un attimo: dei grandi super-eroi dei romanzi di fantascienza e dei film non abbiamo resti mortali, perché quella vita lì non è possibile quaggiù! Quella dei santi invece sì… e soprattutto non furono “eroi” per sé stessi ma per dar gloria a Nostro Signore!
Il reliquiario di Sant’Anna ci incuriosisce poi per la sua forma: un braccio alzato, con un anello al dito.
Quel braccio che punta al cielo può aiutarci proprio a capire che attraverso l’intercessione di Sant’Anna tu che preghi e ricevi la benedizione con quella reliquia guardi sì a lei, ma soprattutto al Signore, che Sant’Anna ha servito e nel quale Sant’Anna ha confidato. Quel braccio alzato invita a guardare “verso l’Alto”, direbbe il beato Frassati, presto anch’egli santo. L’anello è segno di fedeltà, come quello che si scambiano i fidanzati e gli sposi, o che ricevono i vescovi e i cardinali: fedeli noi come possiamo, con le nostre miserie, ma sicuramente sulla strada di Dio che è fedele in eterno.
La reliquia ci aiuta dunque a visualizzare la benedizione di Dio, fedele nei secoli, la quale trova concretezza nella fedeltà “possibile” di chi ci ha preceduto nel cammino verso la patria del Cielo.
Kevin Melis, seminarista della Diocesi di Cuneo-Fossano